Il veleno e la politica comasca

Una delle caratteristiche più esaltanti della politica italiana (dai tempi di Cesare Borgia a noi) è la sua natura benevola e politically correct. Non che altrove siano meno velenosi: pensate ai cosiddetti scandali sessuali che ossessionano americani e britannici, e altre storie edificanti del genere. Anche Como non si sta dissociando da questo costume elegante e siccome ci si sta avvicinando a delle elezioni amministrative, ciascuno cerca di guadagnarsi la patente di castigatore dei pubblci costumi. Come dire: accuso te di fare un uso deteriore del potere, al limite addirittura contraddittorio rispetto a quanto predichi in pubblico. Vizi pivati e pubbliche virtù. Torniamo in America, la patria delle eleganze: il castigatore dell’immoralità, della lotta contro la pedofilia, il teo-con a 24 carati, colto in flagrante mentre allunga le sue sane mani su un chierichetto che passava di là. Insomma, a Como l’ideale sarebbe trovare il sindaco Bruni mentre avvia una pratica di conversione all’Islam salafita, e entra in una moschea clandestina con il capo coperto e una finta barba talebana. Ma questo sarebbe un po’ troppo. E quindi si ripiega su un peccatuccio minore, chi non ne combina qualcuno ogni tanto? Qualcosa di veniale, qualcosa come i soldi e gli affari ad esempio. Ed ecco quindi il consigliere comunale di pensiero diessino, il lungo corso Aniello Rinaldi che invia adepti a effettuare visure camerali, ricerche patrimoniali e lancia quindi la sua freccia avvelenata; meglio ancora, fa partire la sua bordata al curaro contro il sindaco-commercialista. E scrive una fondamentale interpellanza con risposta scritta: come a dire, un niente, per il quale la risposta sarà il nulla, per sapere alcune cose sulla attività privata del sindaco. Egli è sindaco sia effettivo che supplente di ben sessanta società, trenta delle quali sono domiciliate presso lo studio del presidente dell’ACSM Giorgio Bordoli. Ora, essere sindaco di alcune società significa ottenere un beneficio da esse? Il Sindaco di Como potrebbe essere “ricompensato” con questi incarichi dal presidente di ACSM da lui stesso nominato a tale responsabilità? Ciò il consigliere Rinaldi non lo dice espressamente ma lo fa comprendee dal tono e dall’agomentazione della sua interpellanza. Chiede infatti, tra l’altro, di sapere se Bruni sia stato nominato nel collegio sindacale di tali aziende prima o dopo la nomina di Bordoli a presidente di ACSM; se percepisce emolumenti per tali incarichi ed eventualmente a quanto ammontino; se l’amministrazione comunale abbia avuto contratti di fornitura o di consulenza con queste società. Insomma, vorrebbe conoscere se ci sono delle interessenze tra pubblico e privato e se queste possano essere configurate come un vero e proprio conflitto di interesse. Ce n’ è abbastanza per intossicare l’intera campagna elettorale del prossimo maggio 2007. Ma vorremmo chiederci: serve gettare veleno nelle acque? Non c’è il rischio che alla fine chi muoia avvelenato sia nessuno dei due contendenti, ma la popolazione civile, che non capisce più, e nel polverone finisca per disaffezionarsi semplicemente alla politica?

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