L’onorevole Nicola Molteni, Lega Nord, è ormai ufficialmente il candidato Sindaco di quel partito per le elezioni comunali di Cantù. Figura poco esposta, tenterebbe oggi di ricostituire una presentabilità del suo partito e di se stesso davanti ai cittadini canturini, che davvero conoscono assai poco della sua attività politica e parlamentare. Giova un promemoria, giusto per capire come ha votato e quali responsabiltà si è assunto in passato.
Andiamo a ritroso nel tempo. Non sappiamo come abbia votato nell’autorizzazione all’arresto del parlamentare accusato di associazione camorrista Nicola Cosentino. Però sappiamo che ha votato contro la mozione di sfiducia contro il ministro Saverio Romano (contribuendo così a salvarlo), accusato di concorso in attività mafiose. E allo stesso modo ha contribuito a salvare dall’arresto l’onorevole Marco Milanese, accusato di associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio e contro la sfiducia al ministro Bondi. Ha votato a favore delle missioni militari italiane (Afghanistan, Kossovo, Libano, altre…) e ha cercato di affossare la legge contro l’omofobia. Ma ha votato contro la soppressione delle provincie, durante il governo Berlusconi. Si è dimostrato favorevole all’introduzione in Italia dell’energia nucleare; decisione che a seguito i cittadini hanno bocciato con referendum popolare. Si è dimostrato un fautore del processo breve: soprattutto breve per il presidente del Consiglio, Sivio Berlusconi, che graize a tale abbreviazione forse avrebbe potuto scansare qualche condanna. Però, visto che il processo breve da solo non sarebbe bastato, ha votato anche a favore del processo lungo, cosiddetto, con il quale allungare i tempi di durata dei dibattimenti in altri processi che interessavano il premier d’allora. La coerenza non abita da quelle parti…
Ma il miracolo politico di Molteni sta nel suo voto sul caso Ruby: egli, ispirato da certezze internazionali quanto mai fondate, ha votato contro la competenza della Procura di Milano a tale iniziativa giudiziale, dichiarando ufficialmente che la fanciulla in questione fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak. La sua grande performance risale all’inizio della legislatura. Qui egli, con l’intero gruppo della Lega Nord, riesce a infiorettare uno dietro l’altro: la legge sul legittimo impedimento, la legge sullo scudo fiscale, la legge sul terremoto d’Abruzzo (quella pro Baldini e “cricca” di palazzinari romani…), la legge sulle quote latte (per cui oggi l’Europa multerà il nostro paese), la riforma Gelmini dell’università, la legge salva banche, il Lodo Alfano (per salvare Berlusconi, un’altra volta), la legge per l’emergenza dei rifiuti in Campania (ulteriore bell’esempio di coerenza leghista) e infine la legge per il salvataggio dell’Alitalia. Ecco come ha votato l’onorevole Molteni negli ultimi tre anni: certo, spesso per disciplina di partito, a volte per salvare il presidente del consiglio del suo governo. Saperlo può autare, per comprendere il cinismo con cui si vuole far dimenticare responsabilità recenti, i cui effetti ricadono ancora sul presente, anche dei cittadini di Cantù.
Archivio della categoria: News
I dilemmi del centro destra comasco in vista delle elezioni comunali
È impressionante la somiglianza della riflessione di Miglio con quella dei teorici dell’autonomia del politico degli anni 70 del secolo scorso: “La classe politica è sempre qualcosa che trova un suo punto di riferimento; borghesia, classe operaia sono soltanto classi serventi”, scriveva il politologo comasco molti anni fa. Dallo spunto di Gaetano Mosca, egli approfondiva il perché di tale autonomia, ribadendo la nozione di ceto politico come di un’élite espressione della società nel complesso, non di specifiche classi sociali. Un ragionamento che, da posizioni diverse, antitetiche direi, anche un altro formidabile studioso della politica, il francese Maurice Duverger, proponeva qualche anno prima, trattando del mascheramento del ceto politico per merito dell’assunzione di un profilo ideologico: se la lotta politica si svolge entro una cerchia non molto ampia, “tra persone avvedute”, il mascheramento è inutile: “Non è ai vecchi lupi che bisogna insegnare a urlare: si potrebbe anche paragonarli agli antichi àuguri, che non potevano guardarsi in faccia senza ridere, perché consocevano bene le loro bugie”.
Il Pdl comasco sta dimenticando questa basilare visione: come tra vecchi àuguri, viene da ridere a sentire discorsi che hanno il solo compito di dilazionare il momento di una scelta: chi sarà il candidato Sindaco che si presenterà alle imminenti elezioni? Dire, come fa il pre-candidato Traglio: io mi candido solo se vi è l’unanimità sul mio nome, è segno della massima debolezza. Significa dare a chiunque abbia un minimo di voce nel Pdl di Como un potere d’interdizione massimo. Dal lato opposto, vi sono alcuni (su tutti, l’assessore Gaddi) che indicano nelle elezioni primarie il passaggio obbligato per una selezione del miglior candidato.
Altro limite: la titubanza della dirigenza del partito verso le elezioni primarie è segno che tali elezioni non le vuole. Anzitutto perché rappresenterebbero un passaggio complesso e di difficile gestione; in secondo luogo perché le primarie potrebbe vincerle proprio Gaddi (sembra proprio il candidato ideale per tale competizione), e questo creerebbe tanti problemi proprio alla dirigenza del partito in cui lo stesso Gaddi milita. Sarei quindi propenso a ritenere che questo mezzo di selezione del personale non sarà utilizzato. E dire che le primarie risponderebbero all’assunto di Miglio per dare stabilità al sistema politico comasco: “Riducendo il numero di coloro che aspirano e lottano per il potere, si consolidano i sistemi politici”. La destra italiana le ha svalutate per una sorta di azione riflessa: le utilizza il centro sinistra, quindi non possono andare bene per noi. Invece, esse sono uno strumento neutro e la prova ci viene dagli Stati Uniti di questi giorni, con i candidati repubblicani impegnati a sfidarsi per definire il proprio miglior candidato da contrapporre a Obama.
E tuttavia, per le ragioni su esposte, Il Pdl comasco non seguirà probabilmente questo modello. Si contorcerà in una serie di azioni di dissuasione e d’interdizione, per giungere a definire (non si sa bene come) il proprio candidato. Una previsione: badiamo al fattore Tempo, è a esso che si deve far ricorso per capire quale sia il progetto con il quale pervenire alla sospirata conclusione di “consolidare il sistema politico”. Chi oggi detiene la massima responsabilità nel Pdl a Como, ha la maggior disponibilità di tempo, può permettersi quindi di dilazionare scelte e momenti decisionali. In ambito aziendale si tratta di una tecnica di gestione dei conflitti che va sotto il nome di management by exception (gestione delle emergenze, in questo caso l’emergenza riguarda il tempo). Il momento della scelta definitiva finirà a ridosso della data ultima per presentare una candidatura, a quel punto un intervento risolutivo dall’alto farà cadere la decisione sulla figura che meglio risponderà alle esigenze dell’attuale assetto di vertice del partito (l’asse politico tra il senatore Butti e l’area politica dell’attuale sindaco di Como, Bruni). Il Pdl avrà sprecato una buona occasione per agire in trasparenza se così accadesse, ma avrà certamene garantito una continuità all’attuale assetto di potere citttadino.
L’eclissi del “moderato”
La politica italiana e la sindrome di Pinocchio
PD: ripensare i propri dirigenti
E spesso, il tanto atteso personaggio si manifesta nei panni di un politico d’importazione, come appena successo a Milano, o come accaduto in Puglia. E che magari sarebbe anche capace di vincere contro il sindaco Moratti, quanto mai in caduta nel gradimento dei cittadini di Milano.
Progetto neomonarchico del presidente Berlusconi: il nuovo re taumaturgo?
Como: la prova del fallimento della riforma Brunetta
Ma, domandano giustamente i cittadini: quando ci sarà la possibilità di indicare le responsabilità delle cattive gestioni, o di premiare giustamente dirigenti che meritano e che non appaiono nel palmares dei preferiti dalla classe politica locale?
Manuale minimo di cambiamento
Manuale del cambiamento / 2
Vorrà una classe dirigente mirare a questi obiettivi? O non preferirà discutere (solamente) di doppia corsia autostradale, di piani regolatori, di licenze urbanistiche, investimenti nel mattone e nell’asfalto? Anche da queste scelte si misura l’intelligenza diffusa di una società.
Cultura a Como, il trionfo del minimale? o del minimalismo?
All’inizio della sua “crestomazia” Leopardi lamentava la separazione, così tipica nella nostra patria letteratura, tra “bellezza del dire” e “importanza dei pensieri e delle cose”. Come negare nella narrativa di questo inizio secolo la presenza della bellezza del dire, e lo sforzo di farla convivere con l’ importanza dei pensieri e delle cose: si pensi alla Bellezza e gli oppressi di Roberto Saviano, ancor prima alla sua Gomorra, non a caso però ispirazione regina di quello sforzo compositivo è d’oltralpe, alla dichiarazione programmatica di Albert Camus, cui però Saviano giunge, ineluttabilmente, per via filosofica, con la meditazione del saggio sulle riflessioni di Salvatore Veca (Feltrinelli 2002) di qualche anno fa, e che portava sin nel titolo proprio la contemporanea fedeltà agli oppressi e alla bellezza.