Amministrative del 6 e 7 giugno 2009: una prova d’appello per la politica

Non sapremo, se non dopo il 7 giugno, chi avrà vinto in ciascuno dei 109 comuni comaschi in cui si eleggerà il sindaco. Sin d’ora, però, corriamo il rischio di dover decretare uno sconfitto, la politica: la politica, non necessariamente i partiti, i cui esponenti riescono talvolta a dissimulare le proprie appartenenze per insediare uomini nelle istituzioni. E la politica è stata messa in scacco proprio dalla strategia del nascondimento, della dissimulazione di uomini dei partiti entro liste civiche, in alcune delle quali prevalgono una cultura del particolare, spesso negativa, quando non cordate di interessi per lo più immobiliari. La “cultura” del particolare è a parere di chi scrive il vero responsabile della marginalizzazione dei nostri territori, della loro progressiva riduzione di peso politico. E’ vero che talvolta il progetto che sottostà alla formazione di tale liste civiche a-politiche potrebbe definirsi per una neutralità che sfiora i limiti del tecnicismo: ma allora ci si chiede per quale ragione avviene la raccolta del consenso, l’appello al popolo, quando tale appello si camuffa ipocritamente in un tecnicismo che si configura così come l’ultimo, estremo ridotto dell’ipocrisia italica. Tale strategia del nascondimento sembra speculare: è praticata da destra come da sinistra, risponde a una specifica logica, a volte è persino comprensibile e accettabile, comunemente condivisa. La mia non è un’antistorica critica alle liste civiche, sia chiaro. La politica non può essere totalizzante, certo, e non è detto che in un piccolo comune possa esistere un gruppo di amici, di associazioni, che senta il bisogno di partecipare alla gestione della cosa pubblica. Sono molti i comuni in cui questa spinta è positiva anche nella nostra provincia. In altri casi, le ragioni sono meno nobili. Ma non importa, una politica lungimirante potrebbe metabolizzare anche questi comportamenti, persino i comportamenti “pirandelliani” di esponenti del medesimo partito collocati sia in una lista che nella lista contrapposta. E infatti, c’è un elemento su cui una politica coraggiosa non dovrebbe derogare: indurre le liste civiche, o almeno gli esponenti che in esse si impegnano, a prendere una posizione, a schierarsi: con o contro le politiche amministrative della giunta provinciale destra-leghista? A favore o contro le politiche dei servizi assistenziali della Regione formigoniana? Pro o contro le politiche fiscali e distributive del governo nazionale, la soppressione dell’ICI, la riduzione dei trasferimenti ai comuni dal governo nazionale, il quadro di rigido mantenimento del patto di stabilità? E cosa pensano del finto federalismo fiscale privo di strumenti della Lega? Il Partito democratico sta vivendo, anch’esso al pari di altri, questa condizione di travaglio pre-amministrativo, eppure, più di ogni altra forza politica della provincia di Como, avrebbe necessità di chiedere chiarezza, di fare chiarezza anche tra i propri iscritti che aderiranno a liste civiche. Bisogna ridare dignità alla politica, e tale obiettivo diventerebbe irraggiungibile quando persino chi ne potrebbe trarre beneficio, una forza politica che si propone come l’opposizione democratica in questa realtà provinciale, vi rinunciasse per opportunità non ben chiarite o per timore di un giudizio politico momentaneamente non favorevole.

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