Universita’ a Como: saldi d’inizio stagione

Saldi di inizio stagione: l’Università dell’Insubria quindi, a quanto si legge sui quotidiani locali odierni, mira al risultato, e promuove una bella stagione di saldi preventivi, del tipo prendi due e paghi uno, ma soprattutto paghi al secondo anno. Insomma, il marketing irrompe nel disegno strategico di una università in debito d’ossigeno (leggi, di studenti), soprattutto nelle facoltà scientifiche, di scarso appealper studenti neodiplomati alla ricerca di titoli facili ma redditizi.

Come sempre, nella nostra società del presto e subito, vincono i valori dell’impossibilità, l’ossimoro elevato a sistema: si cerca quella via che sia facile e percorribile in scioltezza, ma che allo stesso modo e tempo ci conduca alle vette sublimi del sapere tecnico scientifico o economico, gli unici che possano garantirci successo, ricchezza e potere. Insomma, si cerca l’impossibile. Di fronte all’impossibile, un senato accademico che cosa può fare se non acconciarsi al tempo che corre, alla necessità dei tempi? “Mundus vult decipi”, scriveva T.W. Adorno nei suoi minima moralia (il mondo vuol essere preso in giro), e quindi adeguiamoci a cosa vuole il mondo. Se il mondo non viene a noi, andiamo noi a lui.
Detto fatto, il Senato accademico dell’Insubria decide per il grande saldo d’inizio stagione: dal prossimo anno le matricole che avranno rivolto la loro preferenza ai corsi di studio più ardui, scienze, fisica, matematica; quelli ai quali nei passati anni si sono registrati accessi sempre più ridotti, quasi minimali, avranno un regalo insperato: la tassa d’iscrizione sarà annullata; se ne riparlerà al successivo anno, al secondo, e anche in quel caso allo studente bravo e diligente potranno essere abbuonate l’intera tassa o parte di essa.
È un gesto d’azzardo, o la necessaria conseguenza di un grave rischio, quello di vedersi annullato il corso di studi, se dovesse perseguire la fuga delle matricole da Como per altre università, altrettanto difficili, ma di maggior attrattiva, quali Milano, la Bicocca, altre ancor più distanti? E tale proposta, non avrà forse anche l’ambizione di rivolgere una sorta di rilancio che vada oltre i confini della provincia o dell’aria insubrica, e miri a svolgere il ruolo di attrattore di studenti alla ricerca di bassi costi d’accesso all’università?
Non tutte le idee sono sbagliate, anche quando sono prese in stato di necessità; non tutti gli obiettivi ottenuti sono però conosciuti al momento in cui ci si attiva per ricercarli. Quindi, non si tratta di un’idea malvagia, si tratta di una sfida, di un tentativo: l’università dell’Insubria lancia un sasso nel futuro, vai a sapere se colpirà un target voluto, se cadrà nel vuoto, se tornerà indietro con una notizia negativa?
Di certo, siamo però al prova e vedi come va a finire. Meglio qualcosa che nulla, e così via salmodiando.
La scelta degli sconti preventivi è il prodotto di una liberalizzazione e di una concorrenza sfrenata che si sono avviate tra gli atenei negli ultimi decenni, per ragioni diverse e per il combinato disposto di una serie di gesti legislativi differenti. Il magistero geliminano ha poi dato un colpo d’accelerazione definitivo a questo andazzo: senza alcuni numeri minimi di docenti in ruolo e di studenti iscritti, un corso di studio verrà abolito. Da qui l’emergenzialità dei gesti di promozione “sul territorio”, come andrebbe rubricato il gesto di cui parliamo. Ma occorre capire bene quale debba essere, in ambito universitario, il terreno della concorrenza: se la concorrenza si misuri sul prezzo del servizio, o sulla sua qualità. Non che si voglia dire che solo sul primo o sul secondo dei fattori si debba mirare. Ma allora si dovrebbe capire come mai le università le cui tasse di iscrizione sono molto elevate, Bocconi, Cattolica, università straniere d’eccellenza, siano floride e ricche di iscritti. Il fatto è che quando uno studente cerca un corso di studi, sa che il suo costo andrà catalogato sotto la voce degli investimenti, non dei costi di gestione ordinaria d’un esistenza. Questo spiegherebbe la fortuna (ad esempio molto frequentata negli USA) dell’istituzione del prestito d’onore per le spese universitarie: lo studente che non avrebbe tutte le risorse disponibili per mantenersi agli studi riceve un prestito agevolato, che poi restituirà con detrazioni nei primi stipendi percepiti dopo l’avvio della carriera lavorativa.
Ma oltre al problema relativo alla ricerca di migliori condizioni dell’offerta, la nostra università si è dovuta misurare con un altro tema non secondario, e non si sa, ad oggi, quanto la sua scelta si rivelerà fortunata in un breve periodo: quale è il reale obiettivo di tale offerta straordinaria? Recuperare iscritti o produrre laureati?
Il tema non è secondario: nel vecchio modello universitario, l’altissimo numero di studenti fuori corso, di mai laureati e tuttavia matricolati, contribuì non poco a sostenere anche finanziariamente gli atenei, data la legge dei grandi numeri… Il recente modello ha ridotto il rapporto tra iscritti che conseguono il diploma di laurea e fallimenti formativi accademici. Tuttavia, è pacifico che un alto numero di matricole al primo anno, anche dovuto alla facilitazione economica, potrebbe rappresentare un aiuto per corsi di laurea a rischio di chiusura. Il che fa venire in mente quelle classi elementari di montagna alle quali si iscrivono i nonni degli alunni, per impedire che il ridotto numero di studenti porti a tagliare i plessi scolastici. Sarebbe anche questo un modo per difendere e conservare corsi di laurea importanti per il nostro territorio e poco seguiti dagli studenti.
Avremo del tempo, tre anni al massimo, per comprendere se la mossa d’arrocco del nostro senato accademico si rivelerà una mossa fortunata, o se si sarà dimostrata un ennesimo modo tutto italiano di trovare l’escamotage per aggirare limiti e vincoli onerosi per tutti noi.

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